Un patto di solidarietà. Etica nell’apprendimento e nella applicazione delle nuove tecnologie in Chirurgia
Considerazioni esposte in occasione dell’intervento al 22° Congresso Nazionale ACOI
Taormina, 21 – 24 maggio 2003
L’arte medica è l’espressione di una competenza, che ha come scopo quello di assistere e curare la persona portatrice di una malattia.
Tale scopo si realizza in un patto di solidarietà tra il medico ed il paziente.
Un patto di solidarietà viene stipulato da soggetti liberi, ognuno dei quali vi apporta ciò che gli compete. L’esigenza di tale libertà è costitutiva dei soggetti; la sua mancanza farebbe decadere in una riduzione delle persone a ruolo – rispettivamente di tecnico e di ammalato.
Il paziente esprime la sua richiesta di una risposta al proprio bisogno di salute, insieme alla sua fiducia verso il medico e la sua iniziativa.
Il paziente manifesta un’esigenza che interroga il medico che ha scelto come interlocutore, chiede la sua azione ed un rapporto con lui.
Un importante presupposto è che il paziente abbia la libertà di scegliere con chi stringere il suo patto.
Il medico si implica con il desiderio di accogliere il paziente nella malattia e nella sua globalità, mettendo in gioco: il suo acume clinico personale, le sue conoscenze scientifiche, la sua strumentazione tecnologica, la sua appartenenza ad una équipe, a una scuola.
Porta inoltre la coscienza che ciò che sta accadendo non è parallelo alla vita.
Nella storia della medicina e della chirurgia si è sempre evidenziato lo scopo di ottenere il massimo della cura per i pazienti, nell’impegno a utilizzare il massimo della tecnologia disponibile nella circostanza storica in cui ci si trovava ad operare.
Le conoscenze scientifiche e la tecnologia sono in continua evoluzione e il patto di solidarietà tra medico e paziente presuppone il massimo di conoscenze attuali per il fine riconosciuto.
Da sempre infatti nell’uomo l’avvenimento della malattia fa nascere una domanda.
Alcuni uomini hanno tentato una risposta: ha così preso avvio l’arte medica, che si è continuamente arricchita con un’osservazione continua e che è stata trasmessa da maestro a discepolo.
Nel tempo il progressivo sviluppo e l’approfondimento delle conoscenze ha portato a delle conquiste, che possono essere considerate dei passaggi epocali per lo sviluppo di quella che poi è stata la chirurgia.
La chirurgia ha tratto vantaggio dall’introduzione della metodologia scientifica e dello sviluppo tecnologico, con le conseguenti applicazioni, che in modo inesorabile e progressivo hanno portato a sempre nuove possibilità, fino alle più recenti applicazioni (chirurgia mini-invasiva, robotica, telechirurgia).
L’alleanza medico-paziente d’altro canto si attua tra soggetti che si pongono uno di fronte all’altro nella consapevolezza che ciò che accade nella malattia richiama ad un significato che va oltre la corporeità.
L’applicazione del metodo scientifico ha generato la specializzazione, che comporta il rischio di un approccio totalmente concentrato sulla malattia o addirittura sull’organo ammalato, piuttosto che sull’interezza della persona.
La specializzazione in medicina è una conseguenza del progresso delle conoscenze scientifiche e dell’introduzione di strumenti diagnostici e terapeutici sempre nuovi.
La specializzazione ha rappresentato la modalità peculiare della scienza moderna. Lo sguardo scientifico delimita un campo della realtà e lo considera spesso come indipendente ed isolato. La specializzazione può correre il rischio di essere anche separazione.
Solo uno sguardo responsabile sul paziente, che nasce da una coscienza del valore assoluto di ogni uomo, permette di realizzare una sintesi. In essa si esprime la competenza rivolta alla cura della persona e prende forma l’alleanza consapevole tra medico e paziente.
Nessun professionista da solo può avere conoscenze adeguate e sufficienti per curare, seppur nell’orizzonte delimitato dalla propria specializzazione, le multiformi patologie di cui possono essere portatori i pazienti che gli si affidano.
Occorre quindi che vi sia un gruppo all’interno di una specialità, una équipe, che si identifica come unità operativa, associando le competenze di diversi specialisti per affrontare i bisogni dei pazienti. L’unità operativa permette di dare espressione massima alla responsabilità personale dei singoli professionisti, che si riferiscono ad un punto sintetico di responsabilità, il direttore.
Gli strumenti tecnologici sono sempre relativi perché l’uomo lavora comunque nel limite, tanto che a posteriori scopre talora l’inutilità di tecniche e tecnologie impiegate precedentemente.
Anche nel campo della chirurgia tante ipotesi terapeutiche sono state superate nel tempo.
La ricerca di nuove soluzioni è giunta oggi fino alla chirurgia mini-invasiva avanzata.
Chi rende etico questo processo tecnologico evolutivo e toglie arroganza al gesto del medico del superarsi? Il rapporto con il paziente – perché il gesto della cura è per l’uomo e non è fine a se stesso.
La tecnologia apre nuovi orizzonti, ma c’è sempre bisogno di realismo e di umiltà.
Il patto tra medico e paziente chiede il massimo della cura e accetta il rischio insito nel trattamento.
In questa dinamica nasce il ruolo del pioniere che apre nuove strade con grande responsabilità personale, apre uno sviluppo scientifico.
Nello sviluppo della medicina il pioniere ha sempre avuto un ruolo fondamentale: consente una accelerazione dello sviluppo scientifico.
È sempre segno di maturità avere uno sguardo aperto verso i suoi tentativi.
Il pioniere, da un’idea nata da una osservazione, è capace di cogliere la domanda che vi è implicata e ricerca la risposta. A tale risposta piega tecnica e tecnologie. Occorre che ciò avvenga con una sperimentazione adeguata.
La storia della medicina (e non solo) insegna che ciò che è poi stato veramente utile nel tempo si è sempre affermato. A ciò hanno contribuito coloro che con apertura hanno verificato la riproducibilità degli sforzi del pioniere. Chi lo segue e rende quindi riproducibile la sua strada crea la possibilità della trasmissione della conoscenza e dell’insegnamento alle nuove generazioni. Attraverso un tutoring il passaggio diventano accettabile anche in relazione alla necessità di sicurezza dei pazienti.
L’alleanza tra medico e paziente si sviluppa in un rapporto che significa anche la capacità di guardarsi in faccia in modo realistico, di accogliersi per quello che si è, con tutta l’intenzione di bene e anche con la possibilità dell’errore.
Qualsiasi traguardo medico non è comunque strutturalmente in grado di eliminare definitivamente il male dalla vita dell’uomo.
Vi sono altre dimensioni in gioco: il limite indica una soglia oltre la quale la realtà viene chiamata in altro modo.
Sia al medico che al paziente deve essere chiaro che nella loro alleanza non tutto è perfetto, che ogni rapporto contiene il pregio e il limite, ogni azione porta con sé la possibilità dell’errore e contiene degli elementi di imponderabilità: emerge la coscienza che un Mistero più grande abbraccia entrambe i protagonisti del rapporto.
Questo è il fondamento di una posizione realistica e quindi etica.
Nasce allora drammaticamente l’importanza di un dinamismo educativo.
Educare è condurre a misurarsi con la vita come Mistero, alla chiarezza cioè che la vita non è nelle mani dell’uomo – né in quelle del medico, pur essendogli affidata, perché la possa accogliere, rispettare, custodire, promuovere.
Si tratta di uno sguardo che non si mantiene in modo automatico, ma va sostenuto ed educato.
Poiché l’alleanza tra medico e paziente suppone competenza, una formazione specifica e continua diventa un fattore imprescindibile, frutto stesso della responsabilità che tale alleanza richiede.
L’esperienza suggerisce che bisogna seguire un maestro e una scuola, che guidino nella complessità del contenuto della formazione.
Il primo contenuto è educare alla consapevolezza del valore dei soggetti coinvolti nell’alleanza, il secondo è quello di raggiungere un serio sapere scientifico, in un paragone che tenga conto delle evidenze possibili.
I capisaldi di un serio apprendimento sono molta osservazione, controllo dei risultati, confronto delle esperienze.
La realtà sanitaria nel suo complesso è inevitabilmente collegata ad un processo di formazione permanente e specifica dei diversi operatori sanitari, per una più responsabile competenza, una maggiore qualificazione professionale, una coscienza umana più matura.
È indispensabile instaurare una alleanza solidale tra professionisti sia come associazione di competenze che come condivisione di responsabilità.
Occorre mettersi in gioco, confrontarsi tra professionisti, lavorare con altri specialisti per offrire il massimo della competenza, creare una scuola per garantire ai collaboratori più giovani un’educazione pari alla grandezza delle domande che vengono poste.
Non ci si può rassegnare, bisogna continuare a imparare la cura migliore per gli ammalati, utilizzare gli strumenti che si hanno a disposizione e tutta l’innovazione tecnologica che il progresso fornisce. Tutto questo si realizza nella coscienza ultima di un’inadeguatezza, liberi dalla presunzione di onnipotenza. Anche se la cura è migliorata nei secoli, il risultato può rimanere provvisorio.
La battaglia è tuttavia continuamente giocata nel prendersi cura, con impegno e responsabilità, delle persone.
Se il Mistero si prende cura dell’uomo, allora l’uomo si prende cura dell’altro uomo.